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A love affair with Turkey! Mi sembra un po’ eccessivo…d’accordo che è la seconda parte del titolo del libro che ha dato origine alla serata, ma alla fine è risultato anche il titolo con cui l’evento viene presentato nel programma del PEN World Voices Festival.  

E’ vero che abbiamo ascoltato musica classica ottomana e poesia della tradizione mistica derviscia, suoni e parole che affascinano il turista occidentale, ma la realtà è che la Turchia oggi è teatro di un rapporto molto complicato tra la sua anima secolarizzata che tende all’Europa e le nuove pulsioni delle varie anime islamiche che la legano al mondo arabo medio orientale, senza contare le cicatrici del genocidio armeno e la annosa questione curda.

Proprio pochi giorni fa è apparso un articolo sul NYT che avanzava alcuni dubbi sul ruolo che il movimento di ispirazione sufi di Fethullah Gulen sta assumendo oggi nella società turca. La sua rapida espansione nel mondo della scuola e dell’educazione in genere, nel campo dell’assistenza sociale e anche nei gangli più vitali dell’organizzazione dello stato, inducono il lettore ad un istintivo parallelo con la progressiva occupazione della società palestinese da parte di Hamas.

Sono andato a consultare il sito dell’Hizmet Movement di Fethullah Gulen, dove ho trovato la pronta e sdegnata risposta all’articolo del NYT, in cui si nega ogni critica, anche l’accusa di antisecolarismo.

Non sono assolutamente in grado di prendere partito, ovviamente.  Ma ciò dimostra che quando non siamo turisti abbiamo bisogno di analisi approfondite e a più ampio raggio, di opinioni diverse a confronto, prima di dichiarare un “love affair con la Turchia”.

La musica suadente, la poesia delicata, il cibo e il vino offerti , l’ospite commerciante di tappeti, appassionato cultore di folklore turco, inducevano ad un rapporto di calda simpatia.

Tuttavia alla fine l’incontro ricordava un raffinato spot pubblicitario più che un evento del PEN Festival.  

Mi risulta che in Turchia non siano pochi i giornalisti e intellettuali oggetto di censura e limitazione della libertà di espressione.  Il PEN Festival non dovrebbe mai dimenticarli. 

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