A me la Design Week mi piace.
Allora, per 51 settimane l'anno ci lamentiamo che Milano non è più Milano, è una città morta, non succede nulla, mica come Berlino o Barcellona.
Poi alla 52esima settimana ecco la Design Week, arriva gente da tutto il mondo, in ogni dove si espongono lavori, progetti, idee di qualcuno, la città si colora, si incasina, diventa più rumorosa, i concerti triplicano, i locali sono pieni, ci si sposta tutti a piedi, si parla inglese con quello in fila dietro di te al lurido, s'incontrano soggetti vestiti nei modi più improbabili e con gli accessori più assurdi che non puoi non girarti a guardalo e pensare “ma questo poi che fa nella vita”, inaugurano mostre, vengono lanciati nuovi prodotti, tutti parlano di design, di arte, di creatività, innovazione e tecnologia, ma dico tutti, e ogni cosa si accelera. Tu ti acceleri, la città si accelera.
Per 168 ore Milano diventa La Città di cui favoleggiamo per tutto il resto dell'anno.
Figata?
E invece no, a te non va bene. Perché siccome la tua identità è così effimera che la riesci a definire solo per opposizione e in particolare con l'unica narrativa che pensi di padroneggiare, cioè quella elite-massa o eletto-parvenù, a te questa cosa che tutti vanno alle esposizioni, tutti sono vestiti strambi, tutti che parlano di design, tutti che “fanno le cose” che, porca puttana, sono proprio quelle che usi tu per primeggiare in quelle dialettiche di cui sopra, non ti va affatto bene.
Io caro amico, ti dico che vedere (e vivere) la propria città - di nascita o di adozione, non importa - diventare vitale e pulsante è davvero una figata, anche se solo per una settimana. E mi spiace svelarti quest'altra grande cosa, che la vita è fatta proprio così, c'è dentro di tutto, non dà giudizi né sa discernere, ci sono i fiorellini e c'è pure la merda. Quindi vuoi la vita, perfetto: ecco i fiorellini ma ecco anche la merda. E sai cosa ti dico, è una figata!
Oppure non è vero niente di tutto questo e, banalmente, non sai far altro che rompere il cazzo.
