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Cinema.

La prima volta al cinema è stata più di tre anni fa. Decidemmo di andare a vedere uno spettacolo al “buio”, senza leggere le trame dei film. Erano le prime volte in cui uscivamo insieme. Scherzavamo sul fatto che giorni prima eravamo nello stesso pub, senza saperlo. A tre tavoli di distanza, la mia amica si era infatuata di un suo conoscente. Abbiamo scritto il suo nome e il numero di telefono…
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Natale non è il momento giusto per smettere di parlarsi.

Natale non è il momento giusto per smettere di parlarsi.

Le luci dell’albero in piazza Duomo brillavano nel buio mentre ti tenevo il braccio tra i venditori di cibo e di oggettistica invernale. Ci stavamo lasciando lentamente, come la neve che si scioglie ogni giorno fino a quando ne trovi un poco negli angoli delle strade e ti chiedi che giorno è e dove sia andata la nevicata che avevi visto alla finestra. Non mi afferravi e lasciavi che fossi io a…
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Rupia. Rupia. Rupia.

Padma corre intorno ai turisti. É scalza, nuda nei suoi cinque anni. Salta dentro lo sciame come una cavalletta sporca di polvere, chiedendo a tutti la stessa cosa. Rupia- Rupia- Rupia. Jaidev alle sue spalle, le braccia protese e le mani a coppa. Uomini e donne spalancano gli occhi disorientati, scrutano i propri vestiti di marca, le borse, le bottiglie di plastica, le foto dei familiari nei…
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toanywhere
“Tu non devi sapere niente, solo che io ti amo. Io invece debbo sapere, solo se io ho la tua anima. Ti sto pensando, anche ora, anche in queste condizioni sto pensando a te. Lo sai che se cesso di pensarti, tu muori, istantaneamente? Ma non temere, io non cesserò mai di pensarti.”

— Beppe Fenoglio 

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Succede che dico “Adesso scrivo” e invece lavo i piatti, sistemo le coperte, mi addormento sul divano. Succede poi che mi ripeta “Adesso scrivo” e non scrivo. Sanno di pesantezza queste giornate, di occhi dolenti dalla stanchezza. Ma è una fatica falsa, che non ha origine se non nel tempo o nel pensiero. Mi sento in colpa allora, e penso “Adesso scrivo” un milione di volte senza accendere il computer, senza prendere un foglio, senza pensare.

E succede infine che scrivo, e quando scrivo, scrivo poche frasi perché  la sensazione di smettere, di dire “ho scritto abbastanza” è più forte della mia volontà.  Sento i periodi morirmi nella mente, cadere in basso nelle palpebre e appesantire gli occhi. Tiro fuori dalla scatola cose che avevo già scritto, anche brevi, e le pubblico sapendo che ad averle scritte non è la persona di adesso. E come in quel momento, come adesso, a poco a poco mi arrendo.

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Porta di servizio.

Quando la Saturnia salpò da Palermo nel giugno del ’41, pensavamo di arrivare a New York nel giro di una settimana. Ma dopo cinque giorni di viaggio ci informarono che saremmo andati a Provincetown, inMassachusetts. Fu in quel periodo che mi ritrovai a pranzo con il più anziano degli ufficiali. A tavola, tra frammenti di cibo masticato a metà che gli cadevano di continuo infradiciando il piatto,…
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Trucchi per proseguire.

La mattina alla terza volta mi sveglio. Ancora a letto mi ripeto le cose che potrebbero andare peggio, quindi mi alzo. Tra i trucchi per proseguire c’è la spremuta d’arancia al mattino. Le arance migliori sono quelle dell’alimentari pakistano sotto casa, avvolte nella carta rossa.  Tu mi ripeti che non devo abbattermi. Io ti dico di non mollare. Siamo due relitti galleggianti alla deriva, prima o poi uno dei due affonderà e lasceremo sul fondo, nel fondo, qualcosa della nostra esistenza. Legno, marmo,vele, e, da qualche parte, questo motore. Tu sollevi lo sguardo dal bicchiere e mi ricordi che il legno, un tipo di legno, galleggia.

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sinchisi
Il tuo dovere è di non consumarti mai nel sacrificio. Il tuo dovere reale è di salvare il tuo sogno. La Bellezza ha anche dei doveri dolorosi: creano però i più belli sforzi dell'anima. Ogni ostacolo sormontato segna un accrescimento della nostra volontà, produce il rinnovamento necessario e progressivo della nostra aspirazione. Abbi il culto sacro (io lo dico per te… e per me) per tutto ciò che può esaltare ed eccitare la tua intelligenza. Cerca di provocarli, di perpetrarli, questi stimoli fecondi, perché soli possono spingere l'intelligenza al suo massimo potere creatore.

Dalla lettera di Amedeo Modigliani all'amico Oscar Ghiglia, Lettere, 1905.

Source: rosolaccio
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“Alla fine dico soltanto: va bene, insomma, e tu?” Stefano Benni, Saltatempo.
Mia madre mi viene a trovare a Milano e mi chiede “Come stai?” e io le cito Stefano Benni a memoria mentre sorride e scuote la testa. Come sto è una domanda che mi fanno tutti quando mi rivedono dopo un po’ di tempo e io davvero non so cosa rispondere. Vorrei vivere di sole in Irlanda, essere amata da chi mi dimostra…
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Mia madre mi viene a trovare a Milano e mi chiede “Come stai?” e io le cito Stefano Benni a memoria mentre sorride e scuote la testa. Come sto è una domanda che mi fanno tutti quando mi rivedono dopo un po' di tempo e io davvero non so cosa rispondere. Vorrei vivere di sole in Irlanda, essere amata da chi mi dimostra il bene per dispetto – per poi ricriminare la purezza di quel bene – stare con il mio cane, svegliarmi la mattina e trovare la forza di uscire dal letto se non ho più sonno. Vorrei non stare male pensando al lavoro che non faccio più. Vorrei non stare male pensando se riuscirò a fare qualcosa del mio futuro. E mi chiedono come stai. Sbaglio avverbi. Non è la forza, è il coraggio di uscire dal letto. Di mettermi davanti a una pagina vuota e dire: “bene adesso scrivi”. Dare vita alla storia che ho nella testa, fare ricerca, addomesticare il mio senso di inutilità. Come stai. Cerco di soffocare l'esigenza di perfezionismo, il pensiero dei miei quasi ventisette anni, pochi e troppi per voler fare qualcosa che non sia incanulare, drenare, sorridere, salutare per sempre, dire addio. Come stai. Sto qua come vuoi che stia? Questa città certi giorni è bellissima altri è una condanna. Oggi sull'autobus osservavo i forasacchi venir spinti dal vento e mi chiedevo anche io come stanno. Mi arrabbio per cose di poco conto e piango quando leggo le notizie che pubblica Emergency. Come stai. Sto che certe cose hanno un nome troppo grande per essere detto, la gente ti guarda male  e pensano che tu voglia solo attenzioni. Ma che me ne faccio delle attenzioni quando non riesco neanche a identificare chi c'è nello specchio? Sei tu l'artefice delle tue azioni? Stai decidendo tu?  No, non sei tu. E quindi sto bene, è un periodo così ma si va avanti. E poi a me piace cambiare, lo sai, non riesco a stare ferma.

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In tre anni di lavoro in ospedale non mi sono mai tagliata con un bisturi o bucata con un ago, entro all’old wild west e in un giorno mi sono portata via la mano. Bene così. 

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Nocturne op.9 1 in B flat minor

Federico ha dieci dita. Cinque le usa per scrivere al computer nella grande società D. Digita velocemente, riesce a non guardare la tastiera mentre lo fa. Quando gli occhiali gli scivolano sul naso usa solo l’indice, e per il manico della tazzina da caffè il pollice e un dito di sambuca.
Accarezza i seni di Giorgia, con tre dita le dice che la ama e poi va a dormire. Il giorno dopo le stesse dita…
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Quattro parole.

Non sei in te. Non lo sei da un po’, ormai da mesi. O meglio, dal momento in cui ti ha parlato in quel modo. Quella mattina, nell’istante in cui tenevi il telefono all’orecchio e lui pronunciava quelle parole orribili, hai sentito dentro di te qualcosa di diverso, uno sbilanciamento. Non sai dire con esattezza dove sia l’errore, se esiste un errore e se lo si può definire tale. Ti senti smarrita.…
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