Mi sento distante, assente, molto sola. Nonostante ciò la solitudine di questo periodo è un bisogno primario, non ho voglia di parlare, spiegarmi, interagire. Poi passa tutto, il problema è solo l’utopia del bisogno di qualcuno che mi capisca e mi voglia bene anche se sono così
Mantra per questa settimana: certe volte si fanno cose che non hanno senso
e va bene così.
Credo fermamente che nulla accada per caso e infatti ho conosciuto una persona che mi porta in giro per osterie a farmi assaggiare la migliore selezione di cibo fritto e unto della provincia di Venezia. Io mangio felice, anche se è spesso difficile, sono molto fiera di me, auto pacca sulla spalla
La mia conquilina kazaka fa il tè nella moka
Secondo Jerome Bruner i modi in cui raccontiamo di noi e in cui costruiamo le nostre storie (o, meglio, le narrazioni delle nostre storie) ad un certo punto diventano la ricetta su cui strutturare l’esperienza stessa, dando forma e continuità al contenuto (la vita). In poche parole: siamo quello che diciamo di essere e ci auto-definiamo continuamente. La memoria del passato, il presente e la direzione che prenderemo in futuro sono intrinsecamente legati a come li interpretiamo: life as led is inseparable from life as told. Per capire meglio una storia (una qualunque) è necessario prendere in considerazione il fatto che possa essere raccontata in mille altri modi diversi. Bruner ha quindi preso quattro componenti della stessa famiglia e ha chiesto loro di raccontare la propria vita in mezz'ora, analizzando le scelte lessicali, morfologiche, sintattiche, i temi e le variazioni utilizzati per rispondere a: che cosa sei? Il linguaggio non è solo descrittivo, ma definitivo. Tutto questo perché, quando scrivo di me (forse anche quando parlo, ma notarlo è sicuramente più difficile), uso senza accorgermene una quantità incredibile di costruzioni negative. Il mio definirmi come mancanza o privazione combacia perfettamente con quello che sento, vivo, faccio e, soprattutto, con quello di cui ho paura. Mi sono vietata di sentire troppo, se non solo di sentire. Ho coltivato una fobia, l’ho fatta crescere sana e robusta e rigogliosa e perfettamente autosufficiente. Mi sono etichettata come immeritevole di amore e rispetto e ho fatto di tutto per allontanarlo, accettando e ricercando solo attenzioni temporanee. Ho fatto entrare nella mia vita una persona sbagliata e tossica, provato per la prima volta dopo tanto tempo dei sentimenti, li ho repressi, soffocati, nascosti, rigettati finché è stato possibile. Poi una sera ho perso il controllo e il punto di tutto questo discorso è proprio qui: sto cercando con tutta me stessa di lasciarlo andare e non riprenderlo mai più. Sono spaventata e piango ininterrottamente da circa 48 ore (sembra una tempesta, lo so che fa ridere) ma non durerà per sempre. Henry James diceva: stories happen to people who know how to tell them.
Volevo dire che sono stanca di aspettare e penso smetterò
Monica Vitti, “La notte” (Michelangelo Antonioni, 1961).
Milan Kundera, La vita è altrove
Alcune osservazioni sull’ultimo periodo:
Settembre è passato velocissimo, in un lampo. Ho iniziato un corso di pole dance e preso due aerei, moltissimi treni, uno Xanax; ho letto, cose belle cose brutte e anche poesie (che di solito non leggo mai). Sono stata piacevolmente sorpresa e spaventata insieme e ho finalmente capito che tutto passa, anche quello che sembra insopportabile o invalicabile. La mia coinquilina kazaka oggi mi ha proprio detto: sei incredibile, cambi ogni giorno e sei sempre la stessa, è bellissimo e non capisco proprio come fai. Aierke (si chiama così), you really get me, le ho risposto. Sono un vortice di mille sfumature, tutte egualmente vere e sincere. Ci sono persone che conosco da tempo e non l’hanno mai capito. Ascolto molto la verità di Brunori e ieri ho sottolineato questa frase e l’ho trovata verissima: Connor was not her first lover but he was her first grown-up one, he was the first who did not treat sex as some kind of panty-raid. He took her body seriously, which impressed her no end. L’innamoramento mi fa ancora paura, come del resto i parcheggi a S, per esempio, quindi cerco di trattarli entrambi allo stesso modo - un giorno imparerò, ma non ho ancora deciso quando. Stasera ho visto un tramonto bellissimo e poi fatto la spesa: scotch e biscotti. Dietro di me, una coppia di cinesi con cinque confezioni di Baci Perugina, assorbenti e camomilla. Ma soprattutto accetto ora per davvero e per la prima volta di dare amore, in tutte le sue forme, senza aspettarmi qualcosa in cambio
Torno a scrivere perché la paura mi prende e non mi lascia andare. E mi sembra di soffocare e di non trovare vie d'uscita e penso troppo e tutto insieme e mi mangio il cervello da dentro. Ho paura di vomitare. Che è una paura assurda e assurdamente immotivata, irrazionale al massimo. Solo a scriverlo mi vengono le lacrime. È un panico fortissimo e totalizzante che non ho mai provato prima e che non so nemmeno da dove venga, ma c'è. È una costante. Una specie di sorda intermittenza che fa da sottofondo a tutto quello che faccio, dico, penso. Ieri sera ho sentito una persona vomitare. Se al momento riesco a superarlo e a non darci peso poi comunque ne pago le conseguenze. Vorrei solo poter essere più fragile e debole e lasciarmi andare e poter dire basta, adesso crollo. Non crollo mai. Però non posso mettermi a piangere nello scompartimento di un treno, no? No. C'è un tedesco in mutande con i calzettoni. È tutto difficile difficilissimo certi giorni, anche le cose più stupide. Qualcuno che mi dice: sei la ragazza dei sogni, ma solo da scopare. Io ringrazio e prendo quello che la vita decide di darmi: fobie, viaggi bellissimi, sentimenti a metà. Abbracci sinceri mai abbastanza.
Giovanni, nove anni, sindrome di down, grande passione per le rock band e i ninja, mi ha sentita parlare solo in inglese e oggi un adulto con tono un po’ supponente gli ha chiesto: ma Gio, parli inglese anche tu? Ovviamente Giovanni, che avrà pensato “sono down, mica scemo”, ha risposto di sì. Io ho assicurato che of course he speaks English, right? Lui ha smesso di mangiare la sua mela e con un'espressione estremamente severa ha detto: yes! MEL!
Grande Giovanni. Insegna a questi stronzi come si imparano le lingue.
Sono andata nei boschi
A volte sento ancora forte il desiderio di nascondermi e diventare trasparente. Cancellarmi tutti i contorni e lasciare di me solo un'impressione indefinita, come un riflesso nell'acqua torbida. Il corpo è un ostacolo: non sono io o vorrei non esserlo, almeno. Questa mancata corrispondenza è alla base di tutte le mie insicurezze
i guess at this point i should just consider dating myself
Breve lista di cose che non sopporto più: I miei capelli, gli affitti a Venezia, l'assenza di piani e di mezzi pubblici d'estate, i trentenni, agosto, agosto è nella Top 3 delle cose che odio insieme ai mocassini e a quelli che visualizzano e non rispondono.
Bucolique by Eres
Margaret Atwood, Bodily Harm (via busyreadingerotica)