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I retroscena della Realtà Aumenta

Ti sei mai chiesto come funzionano i filtri di Instagram per le Stories? Come fa il tuo smartphone a mostrarti dove si trova quel ristorante che vuoi raggiungere? E quale meccanismo usano le app che sfruttano lo spazio circostante come campo da gioco? (Pensa a Pokemon Go).

Sono quasi certa che non te lo sarai mai chiesto, come la maggior parte delle persone. Oggi siamo così abituati ad essere circondati da tanta tecnologia, che sapere ad esempio come funziona quel dispositivo a cui siamo connessi quasi 24/24, paradossalmente, sembra che ne possiamo fare anche a meno.

Spesso sentiamo parlare di “Realtà Aumentata”, ma in effetti, come funziona?

Partiamo da un po’ di storia.

Il termine “Augmeted Reality” è stato coniato solo negli anni ’90 da Tom Caudell e David Mizell, per indicare la sovrapposizione di elementi virtuali a scene reali, quando la tecnologia era sfruttata sugli aerei da combattimento per mostrare ai piloti dati di volo come la quota del velivolo e dai lavoratori della Boeing per assemblare i cavi a bordo degli aeromobili.

In verità l’avventura della realtà aumentata inizia già negli anni ‘60, in particolare nel 1966 quando Ivan Sutherland, dell’Università di Harvard, costruisce un head-mounted display (HMD), ovvero letteralmente uno schermo montato sulla testa, composto da tubi a raggi catodici all’altezza degli occhi che trasmettevano immagini generate al computer. Il risultato? Questo strano casco era in grado di mostrare tali immagini in 3D sovrapposte a scene reali.

Da allora questa tecnologia si è evoluta notevolmente diventando un vero e proprio “sesto senso” amplificando l’esperienza sensoriale unendola a quella digitale.

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Esempio di visore realtà aumentata - Fonte:Flicker

Arriviamo dunque alla domanda principale. Su cosa si basa il suo funzionamento?

La realtà aumentata viene resa possibile grazie ad un software dotato di particolari dispositivi di rendering e tracciamento. In pratica questi dispositivi individuano dei punti nello spazio, tracciano degli oggetti e vi agganciano gli oggetti virtuali (scritte, personaggi 3D, ecc.) permettendo di seguire tutti i movimenti in tempo reale. Uno dei principi di base è quello dell’overlay che consiste nel riconoscimento, da parte del sistema che stiamo utilizzando, dell’oggetto che stiamo inquadrando con la fotocamera e nell’aggiunta successiva di informazioni che si vanno a sovrapporre ad esso.

Inoltre vi sono diversi tipi di realtà aumentata:

  • marker-based basata su ‘marcatori’ ( immagini costituite da qr code o forme geometriche) che se inquadrati permettono di visualizzare l’immagine virtuale;
  • marker-less-based in cui sono assenti i marcatori e il funzionamento è basato su GPS, giroscopio e accellerometro
  • projection-based basato sulla proiezione
  • superiposition-based che consiste nell’aggiunta di un dato digitale alla realtà

Insomma, dagli anni ’60 ad oggi, con lo sviluppo di tutti gli strumenti attuali in AR, il passo è stato breve. E ancora oggi si continuano a cercare come ha detto Aston Teller, “soluzioni che sanno di fantascienza”. Un giorno magari,grazie a questo imponente avanzamento dell’era digitale, potremmo davvero andare in giro con qualche visore AR. Sarà breve anche questo passo?

Alessandra Ricci

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