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JustASimpleGirlsWorld

@justasimplegirlsworld

Be a lover. Choose love. Give love.
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Una parte di me ha paura.. perché se tu esci e scopri il mondo, presto ti renderai conto che io non sono niente di speciale, che ci sono persone persone migliori di me, che magari ti faranno stare meglio, che hanno meno problemi...

Ma mai, MAI nella vita sarò quella che ti metterà delle catene e ti impedirà di fare esperienze. Io voglio solo la tua felicità, con o senza di me.

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Non mi ricordo più com'è non essere in costante lotta con il cibo, con il mio corpo.

Non me lo ricordo più.

Com'è fare tre pasti salutari? Com'è non dover pensare "ho già mangiato a pranzo non posso mangiare a cena" o vice versa?

Com'è non voler mangiare dopo una certa perché poi le calorie assunte non si bruciano e rimangono lì?

Com'è stare in pace con se stessi? Guardarsi allo specchio e piacersi?

Com'è tutto questo?

Non me lo ricordo.

So solo che col cibo è una lotta costante. Con la mente è una lotta costante. Con lo stomaco che ha fame, ma il tuo cervello non vuole mangiare.

Com'è piacersi?

Non lo so... So che devo vedere i numeri sulla bilancia scendere per poter star bene con me stessa... Perché se mi guardo e vedo lo spazio fra le cosce sto bene, mi sento più leggera.

Com'è vivere con i tuoi genitori che ti dicono costantemente "devi mangiare" "hai mangiato solo questo?"

Com'è guardare il proprio corpo senza schifarlo?

Non lo so.

Non mi ricordo.

So che sono stanca e vorrei fare a modo mio. Ma se lo facessi deluderei tutti gli altri e li farei preoccupare perché... Chi lo sa che una volta iniziato non arrivo a cosa più gravi?

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L'amore... che stupenda e allo stesso tempo terrificante parola è per me.

Perché se si tratta di darlo io sono la prima. Sono la prima ad amare una persona, a volergli dare il mondo, a voler vederlo felice. Sono la prima che si butta per attutire una caduta. Sono la prima a dare abbracci, coccole, baci... sono brava, capace di dare e fare tutte queste cose...

Ma a ricevere? Cosa vuol dire? Come posso prendere? Come si fa? Cosa devo fare?

Com'è possibile? Io non sono capace... come può una persona essere innamorata di me se io stessa non mi amo? È possibile? E cosa si fa?

Forse la risposta a tutte queste domande la so...

Perché io, da lui, non sono scappata. Lui mi conosce, mi ha visssata per quattro anni sa dei miei brutti pensieri... e c'è sempre stato.

Io forse mi sto già lasciando amare da lui perché sembra una cosa così naturale, così giusta. Come tutto con lui. Nessuna pressione, nessun dovermi fare conoscere... perché lui sa già come sono.

Dovrebbe spaventarmi ancora di più? Si. E lo fa. Ma sta volta, anche se la paura è alle stelle io non voglio fare passi indietro. Con lui voglio vivere, vivere tutto. Lui è innamorato di me non per quel poco che mi conosce, lui sa tutto e nonostante questo, nonostante il brutto i suoi sentimenti sono tali.

Voglio amarlo, ed essere amata. Perché così deve essere l'amore... spontaneo, naturale.

L'Amore per me è lui.

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È una tortura.

È una tortura per me non poterti abbracciare. Non poter avvolgere le tue spalle e sentire il tuo viso contro le mie clavicole.

È una tortura non poter stringere il tuo corpo tra le mie braccia, non poter sentire i tuoi meravigliosi capelli sfiorare la mia guancia.

È una tortura non poterti abbracciare.

Era la mia dipendenza. Le tue braccia erano la mia dipendenza.

Era la mia dipendenza la sensazione di pace che provavo stringendoti.

Non ne avevo mai abbastanza. Del tuo respiro che si infrangeva contro i miei vestiti, delle tue ciglia che ogni tanto mi solleticavano, del battito del tuo cuore sempre accelerato. Non me avevo mai abbastanza.

E ora sono in astinenza. È terribile.

Sento così freddo senza il tuo corpo tra le mie braccia. Tremo.

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Mi manchi.

Mi manchi e io non so che fare.

Mi mancano i tuoi occhi, il tuo sorriso. Mi mancano i tuoi capelli sempre in disordine e mi manca la tua risata.

Mi manca il suono della tua voce quando mi parlavi di cazzate e quando parlavi seriamente.

Mi mancano i nostri discorsi, la nostra capacità di passare da un argomento serio a quello triste senza sminuire il primo.

Mi mancano i tuoi piccoli atteggiamenti, mi manca guardarti mentre fumi una sigaretta.

Mi manca quando canti o semplicemente facevi il labbiale di una nostra canzone o di una che conoscevi solo tu.

Mi manca quella pallina di pelo, le sue feste, i suoi baci.

Mi manca tutto di te.

Quando mi facevi ridere, quando mi facevi riflettere.

Mi manca la sensazione di sicurezza che solo tu mi hai saputo dare.

Mi manca abbracciarti, stringerti.

Mi mancano i tuoi morsi amichevoli. Mi mancano le tue mani che suonano la chitarra.

Mi manca vedere le lacrime rigare il tuo viso, che siano di gioia o di dolore.

Mi manca tutto di te. E fa fottutamente male cazzo.

Come lo riempio questo vuoto che hai lasciato?

Come si fa a smettere di pensarti in ogni fottuto secondo libero?

Vattene ti prego. O torna da me.

Torna ti prego...

Niente è più presente come il vuoto della tua assenza.

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Avete mai pensato a quanto sia difficile trattenere le lacrime che vengono dal cuore?

È più doloroso che lasciarle andare.

I pensieri arrivano e beh... Chi è capace di fermarli? Speri solo che non si tramutino in lacrime perché sei circondata da persone e non puoi, no non puoi lasciarti andare devi essere forte.

E poi oh... Gli occhi lucidi.

No no nonononono... NO!

Prendi un respiro.

Bloccalo in mezzo ai polmoni.

È passato qualche secondo?

Bene.

Lascialo andare.

Ricaccia indietro le lacrime.

Guardi fuori dal finestrino e si, ora le lacrime sono bloccate dietro i tuoi occhi....

Ma hai il cuore che piange. Quello come lo fermi?

Quello come fai a fermarlo che provoca un dolore lancinante anche solo pensarci?

Stai già impiegando tutte le tue forze per non piangere. È già pesante quello.

E allora stringi i denti. Con le lacrime che bussano alle porte delle tue iridi e il cuore che sanguina perché Dio se fa male e non puoi nemmeno sfogarti.

E allora stringi i denti perché è quello che fai sempre. Perché è quello che gli altri si aspettano da te.

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Guardare il mondo dalle grate...

Può farlo un carcerato, da quel minuscolo spazio che gli è concesso, più alto di lui; può farlo un bambino di altri tempi con le grate alle finestre: le stringe forte nelle sue manine in attesa di scoprire il mondo.

Possono essere le grate di un cancello che non vedi l'ora si apra per correre nelle braccia della persona che ami.

Possono essere i cancelli di scuola che sei impaziente si aprano per poter passare il pomeriggio con i tuoi amici.

E poi ci sono le due grate peggiori:

le prime, quelle del reparto psichiatrico. Dove ogni spiraglio di raggio di sole filtra minuscolo attraverso quei maledetti cubetti.

E ti senti chiuso in gabbia.

Non mi butterei,pensi, non servono, sono solo tetre, ma in un momento dove sono i mostri a parlare non si può sapere.

E allora le grate ci sono e forse un giorno le ringrazierai.

E così vedi il mondo a quadretti gratinati. Quanto invidio Leopardi, che sì, il suo infinito era finito, ma almeno era chiaro.

E quella che prima era una finestra ora diventa solo un ricordo, ché da lì avresti potuto buttartici.

E poi arrivano le seconde grate: quelle dentro di te.

Quelle che hai costruito dentro te stesso magari senza rendertene conto. E a volte le ringrazi (come gli ospiti in psichiatria), ma la maggior parte delle volte le odi, le detesti. Vuoi strapparle perché, cazzo! Dov'è quel maledetto sprazzo di sole? Dove? Dove si nasconde?

Come si tolgono queste grate? Chi ha la chiave, se essa mai esiste.

Oppure sono radicate dentro di me?

Devo estirparle? Non ho sanguinato a sufficienza?

Sulla pelle, nel cuore, nell'anima?

Non ho sanguinato abbastanza?

Per togliere queste grate cose devo fare?

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Anonymous asked:

perché ami tanto leggere?

Viviamo in una realtà in cui i sentimenti sono stati stirati e appiattiti. Non siamo più in grado di commuoverci per un quadro. Di perderci nella bellezza racchiusa in una poesia. E talvolta la mia sensibilità mi sembra ingombrante, come un giaccone di troppe taglie in più della mia. Mi rende goffa, impacciata, terribilmente strana agli occhi degli altri.

E allora io fuggo nei libri, fra l’inchiostro e la carta, lì, sepolta nel fruscio leggero delle pagine, mi permetto di essere vulnerabile, senza temere di essere ferita. Trafitta senza ricevere nemmeno una parola gentile. O uno sguardo pieno di vergogna per la crudeltà con cui sono stata trattata.

Leggo per ricordarmi che esiste ancora un posto nel mondo in cui possiamo scioglierci nelle nostre debolezze senza essere distrutti ma, al contrario, ricomposti.

E mi ritrovo a danzare fra i frammenti di Saffo, quando ancora le parole avevano un peso, e le emozioni incastonate al loro interno vibravano con un’intensità tale che bisognava inciderle nella pietra, affinché potessero eternarsi nei secoli a venire, e perdurare incorrotti in quelli passati.

Mi ritrovo nel buon Patroclo, che per Achille scese in battaglia indossando la sua armatura, anche se non sapeva combattere.

E i polsi mi tremano, quando leggo di quella passione che portò Paolo a baciare Francesca, e nonostante fosse peccato nemmeno le forze degli inferi seppero scindere ciò che li univa.

E non é forse, il mio silenzio, medesimo a quello di Leopardi, che sempre si limitò, solo, ad amare silvia dalla sommità della sua finestra, componendo in segreto per lei, su lei?

Oh, e quanto bramo qualcuno che mi dedichi le parole che Montale scrisse per la moglie Drusilla!

E quasi disperata, affannata, cerco di scorgere almeno un lontano e flebile bagliore dell’affetto che Theo nutrì per suo fratello Vincent Van Gogh. Incorruttibile, sincero, vero, anche e soprattutto quando tutti gli altri lo considerarono solo un povero pazzo da internare… lui non mise mai in dubbio la bontà del suo animo.

E leggo perché adesso, quando guardo un tramonto, mi vengono in mente tutti quelli che guardava il Piccolo Principe, e questo fa sentire me meno sola.

E quando il mio cuore si é spezzato, coi singhiozzi che mi risalivano alla gola e gli occhi che si scioglievano nel bollore delle lacrime, sorreggendomi al muro mentre le ginocchia non riuscivano più a reggermi, non ho forse avuto anche io i fiori intrecciati nei capelli come Ofelia, quando si é uccisa perché convinta che Amleto non la ricambiasse? Il mio stomaco non si contorse forse come quello di Didone, quando si lasciò cadere sulla spada di Enea, perché la morte le sembrava così dolce e invitante, rispetto al dolore angosciante di una lunga esistenza priva di lui, tormentata dai fantasmi dei suoi ricordi, e della consapevolezza schiacciante, opprimente, che lui non scelse lei?

E quando qualcosa ci fa sentire così bene, non é forse giusto combattere con tutto ciò che abbiamo, come Romeo e Giulietta combatterono contro le loro famiglie; il loro stesso nome e il loro stesso sangue… pur di stare assieme?

L’amore puro, senza schemi e senza leggi, irrazionale… così come molti giudicarono l’azione di Darcy quando chiese la mano ad Elizabeth, nonostante lei appartenesse ad un ceto sociale inferiore?!

E quando vogliamo andare alle feste solo per vedere lui, o lei, non ci stiamo forse comportando come Gatsby, che organizzò feste su feste solo per poter vedere Daisy, almeno una volta?

O quando ci siamo guardati allo specchio e non siamo stati in grado di riconoscere il nostro riflesso, dopo tutto quello che abbiamo fatto… come se fossimo impazziti, perso letteralmente il senno come accadde a Orlando per angelica quando scoprì che lei preferì un umile fante a lui, prode paladino?

Leggo, perché anche io spero di trovare qualcuno che scelga di lottare per me, come Renzo lottò per Lucia. Che mi aspetti, come Penelope attese Ulisse, senza mai cedere alle lusinghe dei Proci. Che mi riconosca, a dispetto del tempo e dello spazio, come il vecchio Argo riconobbe Ulisse, nonostante fossero trascorsi vent’anni e lui fosse travestito. Che metta da parte l’orgoglio per l’amore nei miei confronti, come fece il Re Priamo quando andò al cospetto di Achille per richiedere il corpo del figlio Ettore, affinché potesse seppellirlo con tutti gli onori, donando finalmente pace al vagare errante e tormentato della sua anima.

Forse, amo così tanto leggere perché mi permette sempre di ritrovarmi nei sentimenti e nelle emozioni di qualcun altro. Senza mai farmi sentire sbagliata, o eccessiva, per quello che provo.

Non mi sono mai sentita sola ogni volta che ho aperto un libro.

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Mi dispiace... Mi dispiace....

MI DISPIACE.

NON VOGLIO ESSERE COSÌ. NON LO VOGLIO PIÙ. BASTA SONO STANCA.

Mi dispiace... Per come sono.

Per piangere sempre.

Per essere paranoica.

Per essere assillante.

Per non sapermi divertire.

Per essere un peso.

Per guastare sempre le cose alla fine.

Per essere quella che non sta mai zitta.

Per essere quella che ci tiene troppo.

Per non essere abbastanza.

Per comportarmi male.

Per essere una stronza a volte.

Per scoppiare per niente.

Per stare male senza un motivo apparente.

Mi dispiace se sono un disastro. Mi dispiace per avere una mente piena di grovigli. Mi dispiace se sto male. Se non lo so spiegare.

Mi dispiace che dobbiate farmi da balia. Mi dispiace che sprecate parole tempo energia per me.

Mi dispiace.

Mi dispiace per tutto quello che faccio e che non faccio..

Mi dispiace..

Mi dispiace non avere il coraggio di togliermi la vita. Renderei la vostra vita solo più semplice.

Mi dispiace...

Mi dispiace per tutto.

Scusate. Scusate se sono piena di imperfezioni che non riesco a perfezionare. Scusate se nemmeno cerco le forze per farlo.

Mi dispiace che voi abbiate questo miserabile spettacolo davanti.

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Sono quella che aiuta sempre tutti, quella che cerca di prendere per mano le persone e accompagnarle verso la loro felicità. Quelle che crede in loro e per loro quando non lo fanno con loro stessi.

Sono quella che ci mette anima e corpo per far felice una persona, quella che combatte battaglie non sue. Quella che non molla per te, perché sa che ce la farai. Quella che crede in te nonostante le tue cadute.

Sono quella che ci sarà sempre.

Sono tutte queste cose per gli altri perché non riesco ad esserlo per me stessa.

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