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controkarma

@unadulteratedllamaphilosopher / unadulteratedllamaphilosopher.tumblr.com

this is not a blog
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è il vecchio problema della comunicazione, evitare che tutto si trasformi in un monologo interiore, come nelle ricerche di arthur schnitzler, e tendere invece ad un sistema di feedback concordati, come si evince dai lavori di norbert wiener. fissando almeno due stati di comunicazione ed assegnando a ciascuno stato un valore, possiamo costruire una scala di precisione non solo per l'invio dell'informazione, ma anche per la comprensione del messaggio: nella teoria della comunicazione (shannon et al.) viene comunemente indicata come “scala wiener schnitzler”
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sto bevendo glenmorangie 10 e ghiaccio, quasi in parti uguali. mi aspetto che la polizia del whisky faccia irruzione da un momento all'altro.

tutto questo ha una morale, suppongo, ma non è semplicissimo da spiegare. ho capito che mi piacciono gli oggetti vecchi, che hanno una vita, una storia, e non sono tanto attratto dagli oggetti nuovi, che non sai mai come funzionano (in genere male) e devi stare attento a non rovinarli (cioè, puoi anche non stare attento, ma poi sembra brutto), e ci impieghi una vita a farli diventare vecchi e funzionali ma poi, dopo quei venti o trent’anni, non appena ti sei abituato, si rompono e devi cambiarli di nuovo*.

insomma, dipendesse da me, il consumismo e l’economia mondiale colerebbero a picco in tre settimane e io morirei di stenti insieme alle mie felpe del ‘91. non è detto che sia una gran perdita, ma occhei, preferirei sopravvivere, ancora per un po'.

comunque, a causa di alcuni incentivi statali, ho acquistato un'auto nuova (è una questione di coerenza: l’altra l’avevo acquistata l’ultima volta che ci sono stati gli incentivi statali), ma in realtà quando è arrivata e ho lasciato la mia non ero particolarmente felice (sono ancora in lizza per il premio "killer dell'entusiasmo 2020”).

questa macchina nuovissima è molto simile a quella vecchia (quattro ruote, un volante, dei sedili, un’autoradio, e che si muova quando lo decido io; è tutto quello che desidero da un’auto), ma ha questo particolare (suppongo comune a tutte le macchine nuovissime) che ti suggerisce quando devi scalare e quando devi aumentare la marcia. occhei? occhei.

solo che io abito in un posto pieno di salite e discese, tornanti, cunette improvvise, curve a gomito, scoiattoli in mezzo alla strada e, in generale, la morfologia del territorio è piuttosto variegata (è il motivo per cui mi serve assolutamente un’auto), quindi la macchina non è in grado di prevedere cambiamenti così repentini e, spesso, suggerisce la marcia sbagliata. il fatto è che io evidentemente ho un problema con l’autorità, e non riesco proprio a disubbidire alla macchina, anche se so benissimo che la marcia è sbagliata.

ordine, esecuzione. tipo i riflessi condizionati di pavlov. evidentemente non sono ancora del tutto pronto per gesti così ribelli come non ascoltare gli ordini di un’automobile o bere un glenmorangie 10 oscenamente allungato (comunque non è male). 

* invece mi piacciono molto le esperienze nuove e i giovani, che anche se non sai mai come funzionano (in genere bene) mi incuriosiscono sempre.

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Sai di cosa ho paura?

Adesso che Willy Monteiro è stato ammazzato di botte per essere intervenuto in aiuto di un amico, non è passato il momento di aver paura.

Sono molte le cose di cui aver paura.

Ho paura che del dramma di quel ragazzino coraggioso non parlerà veramente quasi nessuno, perché il caravanserraglio dei giornali e delle trasmissioni Tv non sa che farsene di un sobrio lutto e di indagini concrete che accertino le responsabilità e le dinamiche.

Ho paura di tutte le interviste ad amici e familiari degli indagati, dei salutava sempre, dei non lo farebbe mai, delle frasi riportate e mai dette, della folla vociante che chiede un colpevole, delle analisi sociologiche che si dimenticano del soggetto da analizzare.

Delle strumentalizzazioni politiche, di quei parlamentari che chiedono pene esemplari, ignoranti del fatto che la pena “esemplare” è bandita dal nostro codice, degli psicologici da palinsesto che si scanneranno uno con l’altro fino a dimenticare di cosa stavano parlando.

Delle lacrime della fidanzatina, dell’archeologia forsennata dei like delle pagine FB degli indagati per trovare il like che “ah, dovevamo capirlo!”

Del bisogno di un colpevole quando il colpevole non è abbastanza: la società il sistema, le palestre, la noia dei bordi di periferia (come se non esistesse chi per vincere la noia cura i gatti e chi strappa le ali alle mosche. Anche in periferia).

Ho paura di questo paese a squadre per cui se ti rifiuti di considerare colpevole qualcuno prima dell’esito di un regolare processo, lo stai difendendo o, meglio, giustificando.

Ho paura di chi dice “i due picchiatori non dovrebbero nemmeno avere un avvocato” (ma sì: già che ci siamo, lapidiamoli sul posto, che risparmiamo anche le spese di cancelleria del processo, e il Beccaria si rivolti nella tomba finché vuole, che noi non abbiamo tempo da perdere!!).

Ho paura di questo bisogno acceso di veder scorrere il sangue, perché il pubblico vuole la catarsi, basta che il sangue non sia il proprio.

Perché sono sempre quelli degli gli altri, i figli che sbagliano; perché i loro, di figli, non sbagliano mai.

Di questo, ho paura.

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=lll=

Critichiamo pure le arti marziali, che mi pare insegnino tutto fuorché a colpire una persona indifesa, qualunque cosa pur di non assumerci responsabilità culturali.

E c’è anche gente che si stupisce delle dichiarazioni dei genitori; ma secondo voi, degli imbecilli così, da dove saltano fuori, da Marte?

Date una scorsa a cosa permettiamo di dire ogni giorno ai politici che parlano al popolo, ai rappresentanti di partito che abbiamo il coraggio di accettare in parlamento, di accettare nei nostri consigli comunali, nei nostri organigrammi scolastici; osservate l’impunità degli atteggiamenti aggressivi, lo sbeffeggio dell’aspetto fisico delle persone. Date una scorsa ai post e cercate di capire che questo è l’effetto di una retata scolastica smagliata da anni; di un fallimento educativo che arriva da molto lontano; della continua mancanza di assunzione di responsabilità individuale; della sponsorizzata noncuranza degli effetti dei nostri comportamenti.

Natalino Balasso (fb)

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utwo

Treehouse in Woodstock

© morriarti.com

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proust2000

Quanto mi fanno girare le balle ste cose/case. 

quella non è una casa, è un’installazione artistica per riviste di architettura e design e per post su Tumblr. 

O a al massimo un b&b carissimo, ci vai, ci trombi e te levi dar cazzo.

entri li dentro, ti levi il cappotto e già c’è disordine: non c’è un armadio, non c’è una libreria, puttana eva una casa senza libri è una camera d’albergo.  

Come cazzo pensano che ci possano vivere degli esseri umani lì dentro?   

Un piano cucina enorme + due misere piastre elettriche e un lavabo con una vasca sola = è una casa vacanze o un hotel dai, nessuno sano di mente che sappia fare almeno un uovo al tegamino vivrebbe in un posto del genere

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heresiae

come quella storia di Mies van der Rohe e Farnsworth.

tra le superiori e l’università le ho ben dovute studiare ste case e non capivo perché la gente fosse impazzita per loro. le vedevo e dicevo “boh, sarà qualcosa che non capisco”.

e poi grazie all’entropia sono uscita dall’ambiente artistico, perché i miei neuroni implumi avevano ragione alla fine: erano e sono tutt’ora seghe mentali di minimalismo di gente che poi in quelle case non ci abita e pensa(va) solo a finire sulle riviste di design e farsi un nome.

la praticità non è per tutti, ma se sei architetto e non hai senso pratico, sei quasi a livello di un criminale.

vi voglio vedere a scaldare quella casa intera con quella stufettina là (della mancanza totale di suppellettili per contenere banalmente anche un cappotto, avevate già parlato).

Sì, è una casa per vacanze, anzi ho controllato per voi ed effettivamente è un airbnb. È minuscola.

Ma vi giuro che io conosco anche chi vive così, con pochi mobili, perché ha poche cose cose. Con poca tecnologia, quella essenziale (compresi i libri, pochi e tutto il resto digitale), perché non gliene frega e con uno spazio quasi vuoto, perché di avere cose non gliene importa neppure, avendo lo spettacolo della natura davanti agli occhi ogni mattina. Le foto di sopra non mostrano tutta la casa, probabilmente esiste uno scantinato o altri depositi esterni per “le cose”. Forse esiste un riscaldamento a terra oppure incorporato nella parete. Quel camino sicuramente non è la fonte di calore principale. Il guardaroba potrebbe essere a scomparsa in una delle pareti, accanto al bagno o all’entrata, che non sono visibili dalle immagini. Spezzo una lancia a vostro favore, ma solo un pochino, perchè effettivamente gli interni prima di essere fotografati vengono messi in scena, i mobili vengono spostati, suppellettili varie vengono tolte di mezzo (spesso sono risposte dietro il fotografo ;)), per mettere in primo piano lo spazio architettonico. Ma non ritengo che questo sia da condannare. Che poi esistano tante riviste patinate che riproducono uno stile di vita idealizzato o insopportabili scenari asettici non ci piove.

io ho dovuto vivere in case grandi un decimo di questa, senza la famosa romanticizzata libreria (leggo in digitale da almeno sei anni e non tornerei indietro, specialmente con la vita vagabonda che faccio, la mia - enorme - libreria cartacea rimane cosa del passato e a casa dei miei) e senza armadio, un piano cottura formato da un fornellino da campeggio e un lavandino da cui la lavatrice spurgava acqua sporca, senza un riscaldamento accettabile a parte una stufetta dei tempi di anna frank (letteralmente, non è una triste battuta) e non era per l’estetica, o per una rivista, era proprio per la povertà e lo schifo in cui sono stata costretta a stare nel 2019 in una metropoli come berlino, e non sono l’unica, anzi chiunque abbia vissuto a berlino in quelle case fatiscenti in subaffitto perché è morto il proprietario originale e non si sa manco più chi fosse sa di cosa sto parlando

quindi se a voi fa schifo la casa in foto la prendo io grazie :D che so come fare a meno di tutte le cose elencate e molte altre

scusate ma sono ux designer nell’animo xD

se non mi fai vedere come ci puoi vivere dentro per me è solo scena. è come venirmi a dire “se bella vuoi apparire un po’ devi soffrire”. mi parte il gancio in automatico proprio.

Ho girato una marea di case e tutte quante, anche quando sono state ristrutturare, hanno sempre una cucina inutile, di quelle che le guardi e dici “ohhh figa”, ma all'atto pratico non sai mai dove metterti per cucinare.

C’è gente che non cucina, vive di insalate, ristoranti, deli, pizze surgelate o paste veloci che si possono preparare anche con quei 2 fornelli lì. Io cucino due volte al giorno, ho cinque fornelli a gas e un forno elettrico e quando sono grande voglio avere una piastra teppanyaki ad incastro. Ma se non dovessi cucinare tutti i sacrosanti giorni sarei contenta lo stesso.

è tipo la mia idea di paradiso

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global warming i love you

non appena rimetto piede in italia, orione torna ad essere orientato dalla parte giusta.

in realtà mi piaceva, storto, ma la mia richiesta di spostare il paese in una fascia equatoriale deve essersi persa nei meandri della burocrazia, e non se n’è fatto niente.ho passato qualche giorno all’estero per fare il punto sulla mia vita.

non so chi sono (ma fortunatamente posso guardare cosa c’è scritto sul passaporto), non ho raggiunto nessun obiettivo (ma fortunatamente non mi piace tantissimo fare foto), non ho sogni nel cassetto, perché sennò non saprei dove mettere i calzini.

non ho mai saputo cosa volevo diventare. non lo so neanche adesso, a dire la verità. il fatto è che forse non volevo diventare proprio niente. ci sto ancora lavorando, ma in genere mi riesce bene (purtroppo questa cosa non ti fa fare dei figuroni ai colloqui di lavoro).

in italia fa freddo, ci sono dei pinguini che pattinano garruli nel parcheggio dell’aeroporto, e il parabrezza della mia auto ha uno stato di permafrost così spesso che devo chiedere aiuto a degli inuit per raschiarlo, un’operazione facile facile che ci prende solo un paio d’ore, ma almeno posso pagare in paraflu.

mi avevano promesso il global warming, ma devo essere rientrato troppo presto.

per avere una temperatura che non scenda mai sotto i 15 gradi sono disposto a subire un ciclone, una carestia, un’inondazione, un’invasione di cavallette, una volta ogni tanto, lo troverei abbastanza accettabile.

io questa cosa che la gente vuole salvare il pianeta francamente non la capisco.voglio dire, il pianeta se la cava benissimo, ha più o meno 4,5 miliardi (miliardi) di anni, di cui tre passati senza un briciolo di ossigeno, e non ne ha mai sentito la mancanza.quello che avrebbe qualcosa da perdere in realtà è homo sapiens, che all’ossigeno ci si è affezionato, però in effetti dire “salviamo homo sapiens” non fa un bellissimo effetto, perché nessun vero ambientalista è davvero convinto che sia una buona idea, quindi i copywriter tirano fuori quella cosa del pianeta, o di altri animali a caso, in genere più innocui e carini di homo sapiens (non che sia difficile trovarne, in effetti).

parliamoci chiaro, il massimo danno che può fare l’aumento delle temperature al pianeta è estinguere un po’ di flora e fauna, fra cui, fortunatamente, homo sapiens.

ho come l’impressione che quando accadrà il pianeta non ci rimpiangerà molto (in effetti i pianeti non hanno grossi rimpianti, tutto quello che devono fare è orbitare da qualche parte, non hanno bisogno di prendersi la briga di sviluppare un’autocoscienza).

a me spiace solo che ci estingueremo lentamente, mentre io sarei più per un bang sonico tipo asteroide e occhei, magari per i miei sessant'anni, sarebbe perfetto. però, voglio dire, estinguersi con il freddo sarebbe molto peggio.insomma, la mia aspettativa di vita non è esaltante (per lo meno non sul lungo periodo), e di qualcosa dovrò pur morire. ma almeno non muoio al freddo.

e anche come specie, insomma, non ho mai nutrito grosse speranze in homo sapiens.mi spiace dirvelo, ma le specie muoiono tanto quanto gli individui: i dinosauri sono durati duecento milioni (milioni) di anni, e poi ci ha pensato l'universo; noi è tremila anni che scriviamo la storia di famiglia e siamo già sull'orlo del baratro, peraltro facendo tutto da soli. è evidente che abbiamo fatto delle scelte evolutive discutibili.

poi certo, ci saranno un po’ di guerre per accaparrarsi alcuni supporti vitali, tipo aria e acqua (è abbastanza tipico di homo sapiens: rendere il proprio ambiente invivibile e quindi, per risolvere il problema, prendersela con altri homo sapiens. ditemi voi che fiducia si può avere in una specie simile), ma con un po’ di fortuna per quel periodo potrei essere già morto.

però il fatto che come specie abbiamo quasi fallito non significa che debba fallire pure io, nel mio piccolo, e quindi cerco lo stesso di trattare bene il pianeta (peraltro lo faccio come riesco, mica vivo nelle caverne, eh. fossi davvero coerente mi coprirei di pelli e dovrei perdere tutti i miei privilegi di abitante di zona fortunata del pianeta. potrei farlo, ma a che pro? ho smesso molto tempo fa di pensare di essere in grado di salvare il mondo).

lo faccio sapendo di avere perso, per non dare tutto il mio contributo all'autoannientamento, ma è un po' una rivalsa (volete andare a sbattere? e io non metto il piede sull'acceleratore. non mi userete per questa cosa), che è anche il motivo per cui cerco di trattare bene anche tutti gli esseri umani, oltre che il pianeta.

insomma, forse il mio obiettivo è estinguermi, ma vorrei farlo serenamente. 

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io, le feste, non ci sono portato.

mi vengono meglio gli anacoluti.

però occhei, capisco che a qualcuno piaccia festeggiare degli eventi, tipo il compleanno, così ti ricordi che sei sopravvissuto un altro anno (se sei ottimista) o che ti resta ancora poco da vivere (se sei pessimista) o una laurea, che è l’ultima occasione di divertirti prima di diventare ufficialmente un disoccupato.

io non lo farei mai, ma lo capisco.

però anche a me piace, ogni tanto, trovare una scusa qualsiasi per aprire una bottiglia di vino buono, o per vedere delle persone a cui vuoi bene, o per conoscere qualcuno di interessante. insomma, magari non proprio una festa, ma qualcosa che gli si avvicini.

quello che non capisco è la pervicace ostinazione della cultura occidentale contemporanea a festeggiare natale e capodanno.natale e capodanno sono quelle cose che devi fare delle cose per forza (infatti sono due delle feste comandate, e non mi piacciono le persone che comandano), ma solo in quei giorni lì, perché se ti viene in mente di fare la stessa identica cosa due settimane dopo ti guardano tutti come se fossi pazzo.

poi non capisco bene perché festeggiare il compleanno di un tizio a cui non credi (o per lo meno festeggiare il suo compleanno facendo esattamente il contrario di quello che ha lasciato detto) e non capisco perché far iniziare una cosa quando fa così freddo. voglio dire, se proprio devi festeggiare un inizio, hanno inventato la primavera apposta. non ti accorgi che sei fuori stagione?

e poi ci sarebbe anche quella cosa che non mi piacciono i dolci.cioè, il cioccolato fondente 70% è occhei, il resto anche no.ma niente, la gente si ostina a darti dei torroncini, dei pandori, dei panettoni, che non riesci a ricollocarli neanche rivolgendoti a un centro per l’impiego.io ho un panettone che ormai sto prendendo informazioni per iscriverlo alle elementari.

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ottobre è il mese della consapevolezza.infatti è novembre e vago senza costrutto da un pianeta all’altro utilizzando uno stargate fatto in casa (se non sapete come costruire uno stargate potrete cercare sul manuale di tecnologia applicata del professor alex pernenbrod; le istruzioni base sono: prendi due auto, fai alcune modifiche strutturali al motore a scoppio, utilizza il cambio marce come selettore, non dimenticare di levare le targhe per non pagare il bollo), però fra i miei successi personali posso vantarmi di stare diventando cintura nera di pasta al tonno.

ho anche ricominciato a leggere. insomma, più o meno.prima leggevo tomi molto complicati di cinquecento pagine in tre giorni (alcuni li capivo anche) ora invece ho difficoltà a fissare la lista della spesa, e quindi la cosa si fa complicata.non so se sono cambiati i tempi (prima era un 4/4, ora è un 7/8) o se sono cambiato io.certo, mi ero già accorto che la mia capacità di concentrazione era passata dal livello “maestro jedi” al livello “jack russell con difficoltà di apprendimento”, ma adesso si esagera.certo, il fatto che prima non avessi un televisore, un telefono cellulare, un accesso a internet, due gatti e uno stargate domestico, forse facilitava leggermente le cose.

lo so che succede anche a voi.

quindi adesso facciamo un esperimento: io vi metto 6:18 di billie holiday, voi schiacciate play e ve la ascoltate tutta, dall'inizio alla fine, senza pause, senza interrompere, magari chiudendo gli occhi. se non ci riuscite neanche con billie, vabbè, io non so più cosa fare. http://controkarma.blogspot.com/2018/11/ottobre-e-il-mese-della-consapevolezza.html

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- come ti vedi fra 5 anni? - boh, usando uno specchio? io quella cosa di fare dei progetti, programmare la propria vita, avere delle aspettative, delle ambizioni, delle direzioni da prendere, ecco, non l’ho mai capita. voglio dire, mi piacerebbe, ma ogni volta che mi fanno quella domanda il mio cervello entra in modalità “mucca guarda treno” e richiama una subroutine di afasia standard. credo che il problema in realtà sia che tutto quello che voglio, dalla vita, è scomparire. eppure ogni volta che controllo, sono sempre lì. è per quello che non faccio mai quelle cose epiche o picaresche che succedono nei romanzi di formazione, quando la gente vuole ritrovare se stessa. io non ho bisogno di ritrovarmi, sono già lì, non riesco mica a scomparire. il mio maestro di smaterializzazione dice che il problema di base è che ormai è entrata nella vulgata popolare quella boiata galattica che, se vuoi, puoi. cioè quella roba che se lo vuoi davvero, lavori duro e fra cinque anni diventi imperatore dell’universo, patriarca di costantinopoli, superman, basta volerlo e crederci abbastanza. - ehi, ma tizio voleva quella cosa lì, ed ora ce l’ha fatta, vedi? se vuoi puoi - ma certo, è lo stesso motivo per cui tutti possono vincere la lotteria, no? infatti sono tutti ricchissimi e nati a krypton, basta volerlo abbastanza. il mio maestro di smaterializzazione dice non basta volere fortissimamente una cosa perché poi accada davvero. puoi fregare il tuo cervello, ma non puoi fregare la realtà. quindi devo lavorare sulle cose alla mia portata, se non posso scomparire, posso almeno cercare uno step intermedio, tipo diventare invisibile. sei sempre lì, il che è una grossa rottura di balle, ma almeno la gente non ti vede. per adesso mi sto esercitando nei locali affollati, quando voglio bere qualcosa, mi avvicino al bancone e mi viene benissimo.
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Le fake news ci stanno rompendo il culo.

Tre constatazioni.

La prima, vecchissima: l’avevamo già detto che Internet è uno strumento e come tale lo puoi usare bene, lo puoi usare male o anche lo puoi usare in modalità sti cazzi. S’era detto, giusto? Tipo 10 anni fa. Ok, allora possiamo dire che la rivoluzione ipotetica della rete era una cagata e la dovete piantare di cercare la rivoluzione di Ottobre pure nei pacchi delle merendine. Avete rotto il cazzo con sta storia di fare la rivoluzione, poi in rete. Anche perché l’hanno fatta gli altri: quelli delle fake news. E la stanno pure vincendo, mentre noi lo stiamo prendendo nel culo.

La seconda: l’importanza della censura. Ah, bei tempi quando i media erano controllati e non potevi scrivere qualsiasi minchiata.

La terza: state lottando contro i mulini a vento. Ogni volta che fate reblog o rispondete o vi accanite con una fake news, un troll, un mentecatto qualsiasi, ne uscite con le ossa rotte.

È come lottare contro l’ultimo modello di Terminator. Non lo ucciderete mai, non di certo rispondendogli ai commenti o facendo screenshot (chissà come si cagano sotto quando pubblicate lo screen shot con i loro nomi cancellati)!

Questo perché ogni insulto che vi beccate online, vi arriva sul seriro. Il vostro cervello lo elabora. Lo assimila. Lo somatizza e reagisce, quasi sempre negativamente. L’autostima si abbassa, il dubbio si alza, ci restiamo male. In pratica, vi prendete una bella pizza in faccia. Se poi rispondete, le pizze diventano due, perché la risposta che vi sembra tanto figa, primo non lo è (quasi) mai e secondo, vi ha costretto a processare tutto il messaggio, o meglio, l’insulto che vi è arrivato. Anche perché, che sperate di ottenere, la ragione?

Lo sapete che siete un po’ ridicoli quando riportate gli screenshot delle conversazioni online per far vedere quanto sapete rispondere a tono? Ve lo dico, così, in amicizia, perché poi quelli che assimilano il malessere siete voi. Dico, anche quando rispondete ai politici, che pensate di fare? Wow, guarda come gli ha risposto a tono. Epic win, come si diceva negli anni ‘50! Eh già, gli ha fatto proprio il culo. Eh, come no. Me cojoni, se sarà cagato sotto!

Quanti politici sono caduti in disgrazia grazie alle vostre risposte piccanti? E quanti troll avete ucciso (metaforicamente parlando)? Nessuno.

L’unica cosa che (forse) può far soffrire un account (qualsiasi, politico, un troll ecc) è il blocco. Lui scrive, per te non esiste più. End of story. Si deve cercare un altro stronzo con cui mettersi a litigare.

“Troia, puttana, frocio”…blocco. “Pidiota la foto è un fotomontaggio”…blocco. “i negri devono morire tutti”…segnalo e blocco. Senza leggere manco tutto il commento. Bastano le prime 4 parole, poi blocco.

È una fake news? Segnalo e blocco.

Il messaggio inizia con “Ecco i democratici…”, non perdete tempo a leggere il resto. Blocco e via. Se proprio volete rispondete, un bel ”Succhiami il cazzo” e poi blocco.

Semplice: succhiami il cazzo. E poi blocco.

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quasi 40 anni dai mitici anni ’80, una illuminante edizione speciale di “internazionale”, un numero triplo in uscita fra pochi giorni, racconta un periodo che, visto dal presente, appare profetico. ecco una sinossi dei principali articoli

1. mila e sciro, due cuori nella pallavolo una delicata storia d’amore fra una giovane prostituta soprannominata “trentamila” e il suo fidanzato con disturbi mentali soprannominato “sciroccato”. i due hanno il sogno di recarsi a seoul per assistere alla finale di volley delle olimpiadi del 1988.

2. l’uomo tigros la storia di luigi orrigoni, l’imprenditore lombardo che agli inizi degli anni ’80 costruì una rete di supermercati di quartiere che, dalla provincia di varese, arrivò ben presto ad espandersi in lombardia e piemonte. ancora oggi, nel nord ovest sono presenti numerosi punti vendita legati alla sua società di distribuzione.

3. tutti in campo con lochte l’infanzia a rochester, dov’è nato nel 1984, l’ambiente familiare e i suoi sacrifici per diventare un campionissimo del nuoto, le sue amicizie, le sue rivalità, tutto quello che volevate sapere di ryan lochte, dodici volte sul podio alle olimpiadi (con un bilancio di sei ori, tre argenti e tre bronzi) e ben 27 volte a medaglia ai campionati del mondo.

4. kiss milicia il fenomeno dei kiss, la band statunitense fondata da gene simmons e paul stanley non ha confini nazionali. pochi sanno però del successo sotterraneo ottenuto negli anni ’80 in tutto il latino america e della formazione di gruppi di fan strutturati sulla falsa riga delle milicie nacional sudamericane. questo articolo racconta la loro storia.

5. magica magica emi gli anni ’80 furono l’apice di una delle major inglesi che dominarono il mercato musicale mondiale, una delle case discografiche più importanti al mondo e che produsse, fra gli altri, beatles, pink floyd, queen, iron maiden. l’articolo ricostruisce le atmosfere di quegli anni e molti dei retroscena legati all’industria musicale dell’epoca.

6. jenny l’antennista una storia di degrado e riscatto, un’educazione sentimentale che si svolge nel sud italia agli inizi degli anni ’80, in cui gennaro, figlio di uno stradino e di una donna delle pulizie, cerca di emanciparsi e di mettersi in proprio installando apparecchi televisivi in grado di captare le nuove emittenti private che stanno fiorendo nel nord italia.

7. l’incantevole crimi una biografia breve, la storia dell’adolescenza negli anni ’80 del futuro presidente del gruppo parlamentare del movimento cinque stelle al senato. uno sguardo rivolto soprattutto al lato umano che però ha sullo sfondo l’attualità odierna e riassume gli ultimi cinque anni di politica in italia, alla ricerca delle radici culturali del movimento.

8. la mou l’industria dolciaria negli anni ’80 registrò un vero e proprio boom di vendite, grazie alla capillare reti di negozi alimentari di paese, ma anche alle pubblicità televisive. vi ricordate le caramelle morbide della vostra infanzia, quelle marroni tagliate a dadini, con il sapore di latte condensato e caramello? questa è la loro storia.

9. hello speck la storia degli spot televisivi, da gustav thoeni ad alessandro borghese. come cambiano le forme di persuasione, di comunicazione e del linguaggio pubblicitario, a partire dall’emblematico caso senfter.

10. dolce remix il fenomeno del decennio è sicuramente un fiorire di dischi remix destinati ad un pubblico giovane: la baby records infilò una serie di successi con raccolte mixate (le varie edizioni di bimbomix che hanno imperversato nelle autoradio dell’epoca) che hanno cambiato non solo il modo di fruire della musica ma anche il modo di comporla.

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