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Amarcord

@italiancineblog / italiancineblog.tumblr.com

"Il cinema non produce arte, crea al massimo cultura."
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"Alla mia infanzia torno sempre con angoscia e con rabbia. Mi vergognavo talmente della nostra #povertà. Mio padre faceva il falegname. So che darò un dispiacere a mia madre, lei sostiene: «No, era un ebanista! ». Neanche si trattasse di un titolo nobiliare. Aveva una botteguccia dentro un garage, a Roma, e accomodava le seggiole. Solo di rado fabbricava un mobilino, assieme a mio nonno; falegname anche lui. Ci si lavava in cucina, a pezzi. Il giorno in cui andammo ad abitare in un appartamento di due camere con il bagno, guardai la vasca come se fosse una piscina. Ma avevo ormai 18 anni. In quell’appartamento conobbi anche il termosifone: prima dormivo con i calzini, le mutande di lana e il maglione. I miei genitori erano così poveri, guarda, che non si preoccupavano nemmeno del mio futuro. Mi mandarono all’Istituto industriale perché mi piaceva la tecnica e non riuscivo nelle materie astratte. E anche perché, con il diploma dell’Istituto industriale, sarei diventato un operaio specializzato o addirittura un geometra. Così non ho mai studiato greco, latino, filosofia: in compenso ho rizzato tanti muri e ho lavorato tanto ferro alla forgia. Lo dico senza rancore: l’attività manuale mi piaceva. Il rancore lo nutro soltanto per i soldi che non avevamo e per l’educazione sbagliata che ho ricevuto. Da ragazzo mi son sempre sentito dire; «Sii gentile con quel signore, sii obbediente, potrebbe servirti». Son cresciuto alla scuola dell’umiltà, ho imparato assai presto a piegarmi, adattarmi, accettare il ricatto, abbozzare. Dio, che infamia esser poveri. Non solo perché ti innamori delle scarpe che non puoi comprare, non solo perché devi andare a letto col maglione, ma perché sei costantemente privato della tua dignità. Guarda; quasi quasi ho voglia di assolverlo, questo tipo d’uomo che mi accingo a distruggere. Quel disgraziato ebbe un’educazione così nazista: un’educazione da schiavi. L’unica cosa buona della mia infanzia è che l’ho passata con gli amici per strada. Per strada trovi tanti alimenti, se guardi bene. L’unico risvolto negativo è che, dopo, non riesci più a stare solo. Sono un uomo che ha paura a star solo. Quando non lavoro, giro come un lupo per la città. Vado a cercare mio fratello, il mio sarto, un nuovo laterizio per farmi una casa. A cena devo andarci con la gente: non riesco a mangiare solo. Per dormire bene ho bisogno di una donna nel letto. Non per farci necessariamente all’amore: per sapere che è lì, accanto a me. Dev’essere perché anche da grande dormivo insieme a mia madre. Mio padre dormiva solo: il matrimonio si brucia presto tra i poveri, la brutalità della miseria uccide perfino il desiderio sessuale. Mia madre io l’ho sempre vista come una creatura asessuata: per gli italiani la madre è la Vergine che resta incinta per partenogenesi. Ed eccoci al punto più condannabile: io mi eccito solo attraverso rincontro con una donna. Esco dalla mia indifferenza, dalla mia abulia solo attraverso il gioco dell’amore. L’amore mi è necessario anche professionalmente: lavoro meglio quando ho una donna, sono più intelligente e più ricco. Mai cinico, tuttavia. Non sono mai riuscito a dire con-quella-ci-vado-a-letto-e-amen. Sono sempre partito da una cottarella e ho sempre finito col farmi fregare. Perché ho bisogno di inventarmela, la mia storia d’amore: di maturarla, nutrirla."

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Non mi piaccio. Non mi sono mai piaciuto, neanche fisicamente. Non mi piaccio quando mi osservo allo specchio: questo nasino corto, questa bocca cicciuta. A me piacciono le bocche senza labbra e i nasi lunghi, aquilini. Io sono carino e un uomo non dev’esser carino. Più ci penso, più mi chiedo come sia possibile che una faccia simile mi dia da mangiare. Che la gente ci veda l’espressione di un’epoca, anzi il simbolo di un uomo ambiguo, confuso, egoista, immaturo? Sono tutto ciò, ed eccoci al peggio: non mi piaccio dentro. Tanto per dirne una, sono ignorante. Non ho mai tentato di studiare, non mi sono mai detto leggiamo-quel-libro, andiamo-in-quel museo, ascoltiamo-quel-concerto, può-essere-un-godimento. La cultura per molti è un godimento. Per me è un’impossibilità fisica e spirituale. Ma lo sai che mi stanco a leggere? Non approfondisco mai un problema. Vorrei, lo giuro, vorrei: perché è così brutto sentirsi a disagio tra la gente informata. Resto sempre alla finestra, a guardare. Mi spiace che tanti soffrano la fame, l’ho sofferta anch’io e so che cosa significa, ma non vado certo in giro a battermi per i poveri. Se mi si piglia di contropiede, rispondo: «Ovvio che sono socialista!». Però non ho mai capito bene in cosa consista questo socialismo e non faccio alcuno sforzo per capirlo. Molti credono ch’io sappia le cose. A volte le so, vero, ma nella maniera in cui un animale fiuta il cibo e la strada che conduce all’abbeveraggio. D’istinto, ecco. Guarda il mio amore per i quadri: non nasce da una cultura pittorica, ma da un istinto. Quando li compro, non sbaglio mai. Dal mio disinteresse per tutto e per tutti mi sveglio esclusivamente per parlar di me stesso. - Marcello Mastroianni

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"Ho capito che ero nata attrice. Avevo solo deciso di diventarlo nella culla, tra una lacrima di troppo e una carezza di meno. Per tutta la vita ho urlato con tutta me stessa per questa lacrima, ho implorato questa carezza. Se oggi dovessi morire, sappiate che ci ho rinunciato. Ma mi ci sono voluti tanti anni, tanti errori." Anna Magnani

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«Penso a me.Non vorrei passare il resto della mia vita in riva a un fiume, a pescare qualcosa che non c’è più». 

“I think to myself .. I don’t want to spend the rest of my life on the banks of a river, trying to fish something that no longer exists. ”

Monica VITTI

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Sophia Loren celebrates her birthday with Italian director Vittorio De Sica and Marcello Mastroianni on the set of Yesterday, Today and Tomorrow, 1963.
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"IO SO CHE TU SAI CHE IO SO" 

Regia: Alberto Sordi

 Anno: 1982 

 Film di un certo spessore, in grado di unire in maniera del tutto naturale il tragico e il comico. La trama apparentemente sembra banale, sembra quasi un giallo "all'italiana", mantenendo quel pizzico di ironia che solo noi sappiamo avere. Tuttavia andando avanti col film la storia diventa sempre più intricata e finisce col toccare anche temi profondi e delicati come il rapporto genitori-figli, inserendo anche un elemento del tutto innovativo per l'epoca: cosa fare quando ci sono gli stupefacenti di mezzo? Altra topica affrontata senza nemmeno che lo spettatore abbia il tempo di rendersene conto, è l'immensa fatica del riuscire a mantenere in piedi un matrimonio, nonostante i problemi quotidiani che la vita offre. Da parte mia un film assolutamente consigliato che non richiede nemmeno molto impegno. Scorrevole, divertente e riflessivo. In merito agli attori non ho nessuna considerazione da fare, in quanto eccellenti dall’inizio alla fine. Ma era anche piuttosto scontato dirlo. Qui di seguito qualche breve cenno alla trama per chi non lo avesse visto:

I coniugi Fabio e Livia Bonetti vivono una vita all'apparenza normale e quasi monotona: i giorni trascorrono con lui intento a dedicare il proprio tempo al lavoro in banca e alle partite di calcio. Un giorno, per caso, lui scopre che la moglie è pedinata da un investigatore privato che la riprende e la fotografa: recatosi per chiarimenti nello studio investigativo, scopre che si tratta di un banale errore di persona. A essere pedinata, infatti, doveva essere la moglie di un politico vicino di casa dei Bonetti, ma la signora in questione ha prestato la propria auto alla signora Bonetti e l'incaricato della agenzia la segue dunque per sbaglio. Il marito ci ride su, va a casa e racconta del malinteso alla moglie, la quale però non ride affatto, ma appare assai preoccupata. Si insinuano quindi i dubbi su quanto la moglie abbia fatto nelle settimane di pedinamento. Scopre così che.....

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“Marcello, Marcello…La rincorsa del sole non sarebbe stata così intensa e ricca di soddisfazione senza Marcello. Il suo sguardo dolce, il suo sorriso buono mi hanno sempre accompagnato, dandomi sicurezza, gioia, e mille altre emozioni. In effetti, dodici film insieme lasciano il segno. La prima volta io avevo vent'anni e lui trenta. L'ultima, lui settanta e io sessanta. In mezzo, una lunga amicizia, densa di affetti e tenerezza, che sul set sapeva illuminarsi di passione. La nostra alchimia non ci ha mai tradito. L'intesa che ci univa -di volta in volta sexy, allegra, malinconica, ironica, sempre profondamente umana- era così spontanea, che in molti si sono chiesti se tra noi ci fosse davvero qualcosa di più. E noi abbiamo sempre sorriso, alzando le braccia: ‘Niente di niente! Sono i miracoli del cinema, e della vita.’ Marcello lo confermò persino in pubblico, scherzando con Enzo Biagi che gli chiedeva di noi: ‘La donna con cui ho avuto la storia più lunga è Sophia…la nostra vicenda dura dal 1954…’ E poi, continuando più serio: ‘Mi piace il fatto che Sophia non sia solo una brava attrice, ma una persona vera. Tra noi non c'è stato nulla. Un affetto profondo: dire fraterno è anche banale, perché è qualcosa di diverso.’
Ancora oggi non so dire dove stesse il segreto del nostro successo. Quel che è certo è che ci divertivamo moltissimo, e credo che trasparisse dai nostri film.”

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