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Un'apertura e nulla oltre solo amplitudine

@bluendalaust / bluendalaust.tumblr.com

Dialettica dell'istante (che assalta mete eterne). La mia memoria poetica.
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Tenera è la notte, “c’è troppa luce”

Una zona così verde e fresca che foglie e petali vi si arricciavano di tenera umidità

(Tanta gente si innamorerà di te e sarà più bello incontrare il tuo primo amore tutta intatta, anche emotivamente. È un'idea antiquata vero?)

«Ti dispiace se abbasso la tenda?» «Anzi, c'è troppa luce, qui.»
«Ti dispiace se abbasso la tenda?» «Anzi, c'è troppa luce, qui.»
«Ti dispiace se abbasso la tenda?»
...Ti dispiace se abbasso la tenda?
«Ti dispiace se abbasso la tenda?»
«... Capisco come possa sembrare molto bella agli uomini.» Egli ebbe come una fitta al cuore. A quali uomini? A quanti uomini? «Ti dispiace se abbasso la tenda?» «Anzi, c'è troppa luce.» «Dove sarà, adesso? e con chi?

...gli disse la sua cosa più sincera: «Oh, siamo degli attori tali, tu ed io.»

[Più tardi ricordò come felici tutte le ore di quel pomeriggio: uno di quei momenti privi di eventi che lì per lì sembravano soltanto un anello tra il piacere passato e il piacere futuro, ma poi si rivelano come il piacere stesso.]

Più tardi, passeggiando in un giardino nell'oscurità ormai completa, pensò a lei con distacco, amandola per ciò che aveva di meglio. Ricordò una volta, che l'erba era umida e Nicole venne da lui di corsa, con le pantofole intrise di rugiada. Gli era salita sulle scarpe stringendosi forte a lui e sollevò il viso, mostrandolo come un libro aperto a una pagina. «Pensa in questo momento quanto mi ami» mormorò. «Non ti chiedo di amarmi sempre così, ma ti chiedo di ricordare. Nascosta dentro di me ci sarà sempre la persona che sono stasera.» Ma Dick s'era allontanato da lei, per amor di se stesso: non avrebbe saputo dire a che ora, né in che giorno o settimana, né in che mese o anno.

...

Poi andarono in albergo. La scoperta di Dick, di non essere innamorato di lei e che lei non lo era di lui, aveva aumentato piuttosto che diminuito la sua passione per Rosemary, questa divenne per lui una donna estranea. Immaginava che molti uomini non intendessero altro che questo, quando dicevano di essere innamorati: non una folle sommersione dell'anima, un tuffo di tutti i colori in una tinta che tutto oscurava, com'era stato il suo amore per Nicole. Certi pensieri su Nicole, che dovesse morire, piombare in un buio mortale, amare un altro, gli davano una nausea fisica.

«Si capisce: perché dovresti dimenticarlo?»

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Prendersi per

Un grido di mani che non ci sono, pelle, piacere offuscato in altre nitidezze, le possibilità che marcendo fanno fiorire le impossibilità, essere impressi in qualcosa che non ci appartiene fisicamente, le notti che non accadono mai, fai bei sogni, attese prolungate, armonia dello sfinimento e desiderio nudo, lacrime di censura, scintillio di corvi, solvente in cui bruciare, distillazione inevitabile, un fuoco malinconico, latte suicida, il perdurare della nascita inespressa, prendersi per

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Ciò che mi consolava era sapere che avrei rivolto un ultimo pensiero a te, quando fosse giunta la mia ora: se fossi stato ancora vivo ti avrei augurato la felicità, in caso contrario avrei sperato di rivederti da qualche parte, in un’altra vita. Ero sicura che anche tu avresti rivolto un fugace pensiero a me poco prima della fine: ti saresti chiesto se sentivo che te ne stavi andando o se stavo morendo con te.

Da una lettera di Sabina Spielrein a Jung

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Stillicidio di pensieri. Dripping sulle guance. Gocciolio dalle dita.

Mi corro incontro. Nel centro nel centro della notte. Miraggio, mi raggio. Il sudore del sole gocciola dai raggi lunari. L’ubriaco di un braccio scotta. Sei slegato. Brama incapace di prendere senza pendere. Cade senza sforzo. Una macchia di vernice stesa ad asciugare mi lacrima le dita. Precipitare disteso che prende il sopravvento. Non ti estinguere. Il risalire brillo stende l'affogamento. Vuoi essere ucciso per non morire.

Tra due corpi scoppiava un agosto maturo. 

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La Fisarmonica, da Gabriel Garcia Marquez, Scritti costieri

Non so cos’abbia di tanto comunicativo la fisarmonica che quando la sentiamo ci si stringe il cuore. Le chiedo scusa, signor lettore, per questo inizio da gregueria. Non mi era possibile cominciare altrimenti un pezzo che potrebbe avere l’ovvio titolo di “Vita e passione di uno strumento musicale”. Io personalmente, farei innalzare una statua a questo mantice nostalgico, amaramente umano, che tanto ha dell’animale triste. Nulla so di concreto della sua origine, della sua lunga traiettoria zingaresca, della sua irrevocabile vocazione di vagabondo. Probabilmente ci sarà chi tenterà di salire lungo l’albero inutile di una complicata genealogia musicale fino a trovare, in non so quale ignoto punto della storia, il primo uomo che un bel mattino si svegliò con il bisogno impellente di inventare la fisarmonica. A noi, signor lettore, nulla di tutto questo interessa. Dobbiamo rassegnarci a credere che - come tutti i vagabondi degni di questo nome - tale strumento si sia presentato dinanzi ai nostri occhi stupefatti senza certificati di nascita e buona condotta. Ha avuto - questo è indubbio - un’adolescenza dissipata, oscura, fitta di albe turbolente. I suoi migliori anni si sono dipanati nell’angolo anonimo, greve di vapori, di una taverna tedesca. […] Così, con questa implacabile lezione di umanità, ha continuato a cullare la febbre delle periferie, dispiegando il suo ventre in tutti i porti come qualsiasi incorregibile marinaio. Il valzer francese è passato per i suoi polmoni dicendo quel carico di tristezza, quell’irreparabile malinconia che riempiva di stelle gli occhi delle Mignon e della Margot. La fisarmonica è sempre stata, come la nostra gaita, uno strumento proletario. Gli argentini hanno voluto imporle rango da salotto ma lei, nottambula inveterata, ha cambiato nome ed ha abbandonato i figli bastardi. Il frac non si confaceva alla sua dignità di vagabonda convinta. Ed è così. La fisarmonica legittima, autentica, è questa che ha preso la nazionalità fra noi, nella vallata del Rio Magdalena. Si è incorporata agli elementi del folklore nazionale accanto alla gaitas, al millos ed ai tamburi della costa. Accanto ai chitarrini di Boyaca Tiolima, Antioquia. Qui la vediamo fra le mani dei giullari che vanno qua e là recando il loro caloroso messaggio di poesia. Qui indossa il suo vecchio abito da marinaio senza rotta. Poiché so che non le mancano nemici, ho voluto scrivere questo pezzo che ha un inizio e avrà una fine da gregueria. Ascolti la fisarmonica, amico lettore, e vedrà con quale dolente nostalgia le si stringerà il cuore.

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Una favola nera in una vita dis-umana

“[...] perché il verbo amare non è un verbo sicuro, manca di precisione e di obiettività. [...] Le parole che definiscono i sentimenti sono molto vaghe; meglio evitare il loro impiego ed attenersi alla descrizione degli oggetti, degli esseri umani e di se stessi, vale a dire alla descrizione fedele dei fatti. [...]”

”Esercizio di irrobustimento del corpo. [...] Siamo nudi. Ci colpiamo l'un l'altro con una cintura. Diciamo a ogni colpo:– Non fa male.Colpiamo più forte, sempre più forte. Passiamo le mani sopra una fiamma. Ci incidiamo una coscia, il braccio, il petto con un coltello e versiamo dell'alcol sulle ferite. Ogni volta diciamo:– Non fa male. Nel giro di poco tempo non sentiamo effettivamente più nulla. È qualcun altro che ha male, è qualcun altro che si brucia, che si taglia, che soffre. Non piangiamo più.”

“Esercizio di irrobustimento dello spirito. [...] Ma ci sono anche le parole antiche. Nostra Madre ci diceva: - Tesori miei! Amori miei! Siete la mia gioia! Miei bimbi adorati! Quando ci ricordiamo di queste parole, i nostri occhi si riempiono di lacrime. Queste parole dobbiamo dimenticarle, perché adesso nessuno ci dice parole simili e perché il ricordo che ne abbiamo è un peso troppo grosso da portare. Allora ricominciamo il nostro esercizio in un altro modo: Diciamo: - Tesori miei! Amori miei! Vi voglio bene... Non vi lascerò mai... Non vorrò bene che a voi... Sempre... Siete tutta la mia vita... A forza di ripeterle, le parole a poco a poco perdono il loro significato e il dolore che portano si attenua.”

“Esercizio di accattonaggio. Indossiamo abiti sporchi e laceri, ci togliamo le scarpe, ci sporchiamo la faccia con le mani. Andiamo in strada. Ci fermiamo, aspettiamo. Quando un ufficiale straniero passa davanti a noi, alziamo il braccio destro per salutare e tendiamo la mano sinistra. Nella maggior parte dei casi l'ufficiale passa senza fermarsi, senza vederci, senza guardarci. Finalmente un ufficiale si ferma. Dice qualcosa in una lingua che non capiamo. Ci fa delle domande. Non rispondiamo, restiamo immobili, un braccio alzato, l'altro teso in avanti. Allora fruga nelle tasche, posa una moneta e un pezzetto di cioccolata sul nostro palmo lercio e se ne va scuotendo la testa. Continuiamo ad aspettare. Una donna passa. Tendiamo la mano. Lei dice: - Poveri bambini. Non ho niente da darvi. Ci accarezza i capelli. Diciamo: - Grazie. Un'altra donna ci dà due mele, un'altra dei biscotti. Una donna passa. Tendiamo la man, lei si ferma e dice: - Non vi vergognate a chiedere l'elemosina? Venite da me, ci sono dei lavoretti facili per voi. Tagliare la legna, per esempio, o lucidare la terrazza. Siete abbastanza grandi e forti. Dopo, se lavorate bene, vi darò della minestra e del pane. Rispondiamo: - Non abbiamo voglia di lavorare per lei, signora. Non abbiamo voglia di mangiare la sua minestra né il suo pane. Non abbiamo fame. Lei domanda: - E allora perché chiedete l'elemosina? - Per sapere che effetto fa e per osservare la reazione della gente. Andandosene grida: - Piccole sporche canaglie! Screanzati, fare queste cose! Rientrando, gettiamo nell'erba alta che costeggia la strada le mele, i biscotti, il cioccolato e anche le monete. La carezza sui capelli è impossibile gettarla.”

"L'ufficiale va a sedersi sulla camionetta ed accende il motore. In questo preciso istante avviene un'esplosione nel giardino. Subito dopo vediamo nostra Madre a terra. L'ufficiale corre verso di lei. Nonna vuole allontanarci. Dice: -Non guardate! Rientrate in casa! L'ufficiale bestemmia, corre sulla camionetta e parte a tutta velocità. Guardiamo nostra Madre. Le viscere le escono dal ventre. E' tutta rossa. Anche il bambino. La testa di nostra Madre penzola nel buco provocato dalla granata. I suoi occhi sono aperti, ancora umidi di lacrime' Nonna dice: -Andate a cercare il badile! Posiamo una coperta sul fondo del buco, vi corichiamo sopra nostra Madre. Il bambino è sempre stretto a lei. Li avvolgiamo in un'altra coperta, poi riempiamo il buco. Quando nostra cugina torna dalla città, domanda: -E' successo qualcosa? Diciamo: -Sì, una granata ha fatto un buco in giardino."

“[...] Ma lei l'ama? Lucas apre la porta: - Non conosco il significato di questa parola. Nessuno lo conosce. [...]”

“-Dimenticherà. La vita è fatta così. Tutto si cancella col tempo. I ricordi si attenuano, il dolore diminuisce. Mi ricordo di mia moglie come ci si ricorda di un uccello, di un fiore. Era il miracolo della vita in un mondo in cui tutto sembrava leggero, facile e bello. All’inizio venivo qui per lei, adesso ci vengo per Judith, la sopravvissuta. Le sembrerà ridicolo, Lucas, ma sono innamorato di Judith. Della sua forza, della sua bontà, della sua tenerezza per quei bambini che non sono suoi. Lucas dice:on mi sembra affatto ridicolo. – Alla mia età? – L’età è un dettaglio. Conta solo l’essenziale. Lei ama Judith e anche Judith l’ama. – Aspetta il ritorno di suo marito. – Molte donne aspettano o piangono i mariti dispersi o morti. Ma l’ha appena detto: “Il dolore diminuisce, i ricordi si attenuano”. L’insonne alza gli occhi su Lucas: – Diminuire, attenuare, l’ho detto, sì, ma non svanire.”

“Ognuno di noi nella vita commette un errore mortale, e quando ce ne rendiamo conto, è già successo l'irreparabile.”

“Vado a casa, mi metto a letto e parlo con Lucas, come sempre faccio. Gli dico che se è morto, beato lui... gli dico che la vita è di un'inutilità totale, è nonsenso, aberrazione, sofferenza infinita, invenzione di un Non-Dio di una malvagità che supera l'immaginazione." 

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La rosa, l’immarcescibile rosa che non canto, quella che è peso e fragranza, quella del nero giardino nell’alta notte, quella di qualsiasi giardino e qualsiasi sera, la rosa che risorge dalla tenue cenere per l’arte dell’alchimia, la rosa dei persiani e di Ariosto, quella che sempre sta sola, quella che sempre è la rosa delle rose, il giovane fiore platonico, l’ardente e cieca rosa che non canto, la rosa irraggiungibile.

Jorge Luis Borges, La rosa

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