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restless museum

@restlessmuseum / restlessmuseum.tumblr.com

m.s. / écrits après la postérité / museonascosto@gmail.com
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04 ottobre

il corpo interrogativo si tratta solo e inscindibile

abita fuori sede la tettonica delle loro frontiere

come il rosso dentro, questa visione siamo

secolo esatto, del rischio lo riduce a cosa all’estremo

oppure, se inscritta rete che non potremmo mai,

se ho preso corpo è perché l’essere è sempre

in carne, in contro, in chiostro, come setaccio cumulo

come esiguo passare, dinanzi e interiore nonostante,

se siamo prigionieri all’antica troviamo l’interno prima

come ciò che chiama, tale e per ogni, vivo appunto

e proverò un altro albero, cigno stella, ognuno

aspetto legato per strada, saggio per la grazia, strada

più paziente dell’appello, con mistero, con interessanti

disturbi una visita, ogni meditazione che non incontra

più, più ripiegamento, più astrazione, più ego ferito;

non è così, tutto trama ogni forma e ogni forma

nuda è difficile tenerezza che vorremmo interrompere

meglio, paradiso che respira nell’oscurità dopo

una giornata faticosa, e altra, se siamo fortunati

non possiamo, nondimeno

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Kraken, dopo tanto tempo

A quel tempo le frasi venivano immesse in un congegno paludoso di esempi e fango. Dalla soglia la serranda precipitava lento sipario su questo pianto. Il dolore non era verificabile. Se si affermava di avere mal di intenti, vuol dire che lo scandaglio, giocattolo rotto, avanzava, avanzava. Mettere l’ombra nel proprio scrutare: tutto accadeva sopra alle nostre teste.

Quello che accade ha la valenza semantica, ha una forza da non averne paura, si assiepa. Il mondo è un’aureola e non ha nemmeno un lettore.

A quel tempo il disordine si opponeva all’ordine, stavamo vuoti e conflitti nel regime artistico. Tutte le mappe si tenevano a debita distanza. Tutte le strade fotografate in chiaroscuro, in fondo, non è che svoltassero, sembrava piuttosto che prendessero una storta. Dall’apertura impervie vette di poesie e noie suturavano il medesimo senno. Se serrature scattavano, vuol dire che l’assunto, occhi di bragia, è inderogabile. Morire come fanno i turisti: riportando indietro qualcosa che sia pretesto di una storia bizzarra.

Una così virulenta storia non ha un ammasso verbale, non ha caleidoscopio, un bordo non potrebbe altrimenti esserci. È una scala che non reclama né sopra né sotto. Espugniamola, quella scala solamente.

A quel tempo la memoria era tutto quello che se ne poteva dire, ben oltre l’asciutto delle bocche, non un briciolo di più. Si poteva continuare il soggetto con il plasma degli altri. Tutto era afferente alla materica scintilla. Di consuetudine in consuetudine, la notte era abbandonata per sempre alla sua potente indifesa.

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(non più capace)

inoltrandosi nel nuovo, scenari in ulteriori fino ad una, inusitata finora la dialettica tra parola, entrambe e, rete agìta di preghiera, della ringhiera tra immagine e parola, rivista nuova con scritture sull’arte verifica, mappa di tutto ciò, scampoli del paragone è sempre il dunque da un partire che non involge il fondo sodo dunque arti sorelle, dal motteggiare gli vengono incontro sotto rispecchiamento, toto difetto, per giunta, per Cratili balzare basilare il passaggio malgrado, è in fondo ma dal corpo attorno, rintronato come intatta sostanza, e tutto l’innesto dentro vocale, della creazione dal panno della Veronica, come ci raccontano, malgrado araldo tentativo dei maggiori meriti, e infine testa mozza sul filo dello sguardo – quale tramite, chiasmo d’identità e di statuto, quanto vedente che avverte il punctum a ridosso, ma d’altronde, come pastori della concentrazione devota, che tutta l’espressione e tutta l’aggettivazione erano nel superlativo

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(la nobiltà - I)

La finestra, e poi dietro i due rettangoli di luce del giorno (molta ce ne vuole): cioè il dispositivo che replica le firme in calce. La forbice del caldo, così ben previsto, e delle disposizioni, ci ritaglia in canti separanti, quasi gli occhi strabicanti del novembre, camminiamo con la sorpresa del vecchio ordinamento, fila d’alberi in copia carbone. Se uno insegna la storia, l’altro insegna la filosofia: il fluire delle cose contro il dono di quel tempo in cui con lo zucchero si faceva merenda. Senza riserve è l’amore per la verità. Basta che vi cada la mano sulla matita e il campo appare sgombro. L’intensità di questo lavoro non è mai separata, così si crea un modello di vita, che poi ci seguirà minaccioso, facendosi intravedere quando meno ce l’aspettiamo, guardando in basso fuori dalla finestra, nel cortile, nel cortiletto, nel pratino artificiale. A forza di assomigliare alla vita, loro sono gli ultimi.

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librarsi della zavorra

pròvati magari tragitto lungo a chiedere cerchi goffi, luce a volte pieghe, dal prologo all’epilogo i nomi iniziano come eccezione travaglio di colonna, narrano due luci e l’altra è letteraria doveva essere l’innanzitutto ma soprattutto titubanza e sono scelte che diventano padri e figli di un’aculea costellazione freddo febbrile, fieno sottile

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l’altra parte di un giorno

Tutte le dita di una mano, nel passaggio a malapena, la lettera iniziale mutare aspetto, nel sudore contorcersi tra atroci, con spasmi a correre giù lungo tutto, nei colori tremolanti del crepuscolo, figurarsi minuzia brevi manu o sensu stricto, e quindi e subire anche il corpo della parola gravi alterazioni, liturgo smantella il legno roso delle urgenze navigate, il bacio della sfinge neanche a dirlo – deludentissimo c’era una barchetta in purgatorio, proprio non vorremmo venirne travolti, relegati a galla croce e delizia, nessun libro viene mai chiuso, tale è il nostro orizzonte non essendo stati mai all’altezza del visibile persi di vista nelle sedute della miglior ritrattistica, ci arrenderemo, alla maniera degli animali sopraffatti, con la pancia spelacchiata rivolta verso l’alto. Ci arrenderemo e la prenderemo bene, ma faremo anche tante altre cose.

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